Dal 10 al 31 luglio 2025, il teatro torna a prendersi la scena tra le pietre antiche della Sardegna. Il NurArcheo Festival, giunto alla sua diciassettesima edizione, si rinnova e si espande, portando il suo spirito itinerante nei suggestivi siti archeologici di Baressa e Villanovaforru, nella Marmilla, e di Urzulei e Villagrande Strisaili, in Ogliastra.

Nato da un’intuizione del Crogiuolo, il festival continua a distinguersi per la sua natura site-specific: ogni spettacolo è pensato per dialogare con il luogo che lo ospita, trasformando lo spazio archeologico in scenografia viva, attiva, parte integrante della narrazione. Una sinergia tra arte e paesaggio che non si limita all’estetica, ma si fa portatrice di un messaggio culturale forte e necessario: la tutela del territorio sardo.
Il cartellone di quest’anno è particolarmente ricco e prestigioso. Sul palco si alterneranno artisti del calibro di Carlo Cecchi, Iaia Forte, Marco Baliani, Lucilla Giagnoni e Alfonso Santagata. Accanto a loro, una nutrita presenza di compagnie teatrali nazionali e regionali, giovani promesse, residenze artistiche e laboratori che rendono il festival un laboratorio creativo a cielo aperto.
Villanovaforru sarà ancora una volta il fulcro della manifestazione, con due anteprime di rilievo. Ma l’edizione 2025 segna anche un’importante novità : il coinvolgimento di Urzulei, che ha accolto con entusiasmo la proposta del festival, offrendo i propri spazi archeologici come palcoscenici naturali.
Tra gli appuntamenti più attesi, spicca la prima assoluta regionale del nuovo lavoro di Emilia Agnesa, attrice, regista e drammaturga sarda più volte premiata per il suo impegno artistico e civile. Lo spettacolo è prodotto dalla compagnia Teatro del Loto, tra le realtà più innovative del panorama nazionale.
Il NurArcheo Festival non è solo teatro, ma un’esperienza che intreccia arte, memoria e impegno civile. Un viaggio dentro la storia millenaria della Sardegna, guidati dalle parole e dai corpi degli attori, per riscoprire il valore del patrimonio archeologico non come reliquia del passato, ma come spazio vivo, da ascoltare, proteggere e raccontare.