La moda italiana continua a vivere una crisi profonda, come evidenziano gli ultimi dati statistici. A novembre 2024, le esportazioni di tessuti, abbigliamento e prodotti in pelle hanno registrato un calo del 9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, con una diminuzione complessiva del 4,7% nei primi undici mesi dell’anno. Particolarmente penalizzati i mercati extra UE (-7,1%), con Svizzera (-48,7%) e Russia (-9,2%) tra le maggiori flessioni.

Nonostante due timidi segnali di ripresa congiunturale in ottobre (+1,1%) e novembre (+2,5%), la produzione complessiva del settore ha accumulato una flessione del 9,9% nel 2024, peggiorando rispetto al dato europeo (-6,4%). Particolarmente critica la situazione del comparto pelle, con cali fino al 22,8% per borse e pelletteria.
2024: il terzo “annus horribilis” dal 1990
La performance del settore moda nel 2024 si colloca tra le peggiori dal 1990, dopo il -12,7% del 2009 e il drammatico -28,8% del 2020, segnato dalla pandemia. La flessione si riflette anche sull’occupazione, in calo del 2,1% nei primi tre trimestri del 2024. Le previsioni per il 2025 non sono incoraggianti: attese di assunzioni in diminuzione del 22,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Un comparto in trasformazione
Tra il 2019 e il 2024, la crisi ha spazzato via 15.381 imprese del settore moda (-16,2%), di cui 7.663 artigiane. Ogni giorno, in media, l’Italia ha perso oltre otto imprese di moda, metà delle quali artigiane.
Nonostante tutto, l’Italia rimane il leader europeo della moda, con 80mila aziende registrate e 438mila addetti, pari al 27,8% dell’occupazione europea nel settore. La Toscana si distingue come una delle regioni di punta, soprattutto nella lavorazione della pelle, seguita da Lombardia, Veneto e Campania.
Le sfide future: sostenibilità e innovazione
La moda italiana, pilastro culturale ed economico del Paese, si trova oggi di fronte a sfide epocali. La transizione verso una produzione sostenibile e circolare, promossa dalla Strategia europea per i prodotti tessili, richiede un delicato equilibrio tra tradizione artigianale e innovazione tecnologica.
Il monitoraggio della crisi, come sottolineato nel 32° Report di Confartigianato, evidenzia come le micro e piccole imprese del settore perdano fino a 9 milioni di euro al giorno di ricavi. Tuttavia, la domanda di prodotti innovativi e a basso impatto ambientale offre un’opportunità per rilanciare il comparto in una direzione più moderna e resiliente.