Dal 8 al 13 giugno, Cagliari torna a essere capitale del cinema delle diversità con la nona edizione del Babel Film Festival, unico concorso internazionale interamente dedicato ai film girati in lingue minoritarie, dialetti, slang, idiomi indigeni e lingua dei segni. Un evento che ha saputo crescere negli anni, diventando un punto di riferimento per chi crede che la lingua sia prima di tutto espressione viva di identità e cultura.

A fare da cuore pulsante alla manifestazione sarà ancora una volta l’Exmà di via San Lucifero, spazio simbolo della città che per sei giorni si trasformerà in un crocevia di storie, accenti e visioni provenienti da ogni angolo del pianeta. In gara 61 opere selezionate con rigore e passione: 19 lungometraggi, 9 documentari e 33 cortometraggi, provenienti da 18 Paesi e girati in ben 38 lingue diverse. Una vera e propria sinfonia polifonica che racconta il mondo nella sua pluralità più autentica.
Il festival, diretto da Antonello Zanda e Paolo Carboni, è promosso dal Centro Servizi Culturali della Società Umanitaria – Cineteca Sarda, con il sostegno della Regione Autonoma della Sardegna, del Comune di Cagliari e della Fondazione Sardegna Film Commission. L’apertura ufficiale è fissata per domenica 8 giugno alle 18, negli spazi di Sa Manifattura, con l’inaugurazione del nuovo Archivio della Cineteca Sarda. Un’occasione speciale per il pubblico, che potrà accedere per la prima volta a un’area espositiva permanente dedicata alla collezione di pellicole in 16 mm. L’archivio, intitolato a Filippo Maria De Sanctis, figura centrale della storia dell’Umanitaria in Sardegna, rappresenta un nuovo presidio di memoria collettiva, che restituisce alla città un patrimonio culturale fondamentale del Novecento.
Un’attenzione particolare, com’era lecito aspettarsi, è riservata al cinema in lingua sarda. Una selezione ricca e variegata testimonia la vitalità del settore e l’interesse crescente per il patrimonio linguistico isolano. Tra i titoli in concorso spiccano “Tres Animeddas” di Matteo Incollu, che mescola noir, commedia nera e road movie; “In su corru ‘e sa furca” di Davide Melis, un docufilm ambientato in un bar di paese; “Su fatorgiu” di Alonso Crespo, riflessione intima sul tempo e sulla vita; “Frarìa” di Alberto Diana, storia di formazione nell’epoca dell’ascesa fascista; e “Goppà “ di Roberto Pili, racconto di due amici segnati da un passato criminale.
La selezione comprende anche “La punizione del prete” di Francesco Tomba e Chiara Tesser, ispirato a una leggenda gallurese, il poetico film d’animazione “S’ozzastru” di Carolina Melis, dedicato all’olivastro millenario di Cuglieri, e “Abele” di Fabian Volti, che intreccia le esistenze pastorali tra Sardegna e Palestina.
Fuori concorso, due titoli promettono di sorprendere: “Chie chircat accattat”, sperimentazione di linguaggio e percezione firmata da Enrico Pau, e “Seu Innoi” di Andrea Deidda, toccante riflessione su identità e memoria.
Non mancano poi le sezioni collaterali, con opere come “Il pescatore” di Ugo Garau, “S’orcu” di Antonio Congiu, “Isola” di Giulia Fo, “Falamus” di Paolo Lubinu e “Si seus accappiaus” di Simone Paderi. Un insieme eterogeneo e vibrante che fa del Babel Film Festival molto più di una semplice rassegna: un laboratorio di idee, un palcoscenico di voci dimenticate, una finestra aperta su un mondo che, anche nelle sue lingue più fragili, continua a raccontarsi con forza.